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Studio l'italiano dal febbraio, 2008. Ho cominciato prima di viaggiare in Italia con la famiglia (Verona, luglio 2008). Grazie a Mirella, Francesca, Bianca, Laura e Paolo che mi hanno aiutato molto.

Thursday, December 2, 2010

Elegia a mio padre


Mentre trascorrevo i piovosi giorni precedenti all’officina, percepivo l’anima di mio padre dappertutto intorno a me, e penso quanto sia congruo che l'acqua scorri per quel edificio vecchio a questo momento.  E’ come se la collina stia piangendo per la scomparsa di quest’uomo che ci è cresciuto e che ci ha lavorato all’inizio e alla fine della sua vita adulta.  Ma poi penso, “Devo fare qualcosa di tutta quest’acqua”, mentre forma una pozzanghera sotto un’Auburn e serpeggia davanti alla Chrysler.  E la redazzo per un po' fuori dalle grandi porte dell’officina, fino a quando mi ricordo quant’acqua può tenere una collina. E in quel momento faccio qualcosa molto più pratico e pertinente.  Avvio il compressore e giro per l’officina riempendo ogni gomma che è a mezz’asta affinchè tutte le macchine si mettano a sedere con orgoglio mentre prepariamo l’addio per l’uomo che le ha davvero restaurate. (Sapete, quel tizio perfezionista, capoartigiano, “non posso smettere per pranzare” che a volte sembrava essere appena emerso da un miniera di carbone.)

E so che il suo corpo è oltre la restaurazione adesso.  L’acqua che scaturisce attraverso le fenditure nel pavimento dell’officina mi ricorda della temporaneità perfino di roba così resistente come calcestruzzo, acciaio e padri. Tuttavia quella stessa acqua scaturendo mi ricorda dell'Anima, che usa la Materia per i suoi propri fini prima di andarsene, spesso inaspettatamente e mai quando si vuole. Diversamente dall’acqua, però, l’anima di mio padre non scaturiva solamente. Ardeva.

La maggior parte di voi conosce mio padre come un impresario edile, un imprenditore, un uomo che portava le cose al termine, e da giovane come un bel scavezzacollo. E conoscete i suoi molti risoltati e le sue qualità lodevoli. Come suo figlio, ne conosco anch’io, oltre a delle altre. Ma mentre stavo in piede in quell’officina lacrimanda, circondato di alcuni dei frutti del suo lavoro qui sulla Terra, i miei ricordi sono andati a delle più ineffabili manifestazioni dell’anima di mio padre, per le quale mi sono commosso non meno che per le sue restaurazioni perfette.

Mi ricordo di lui un giorno molando su un telaio bucherellato di ruggine, l’odore di polvere di metallo caldo nelle mie narici, scintille svolazzando, le mie orecchie ronzando, meravigliato dalla ferocia della sua applicazione, quando ha smesso all'improvviso per attraversare l’ufficio e aiutare un ucellino, che ha volato all'interno della porta scorrevole mezz’aperta, a trovare la via d'uscita. Quell’ufficio di verniciatura e quell’uomo sono diventati tanto improvvisamente teneri e quieti mentre lui calmava l’ucello intrappolato e l’ha liberato. Questa parte dell’anima di mio padre mi ricorderò.


Inoltre:  Come il suo proprio corpo sviluppava incrinature e infermità che gli impedivano di esercitare i poteri che era stato abituato di fare, mi avevano stupito la serenità d’anime e la grazia con cui accetava quei cambiamenti e limitazioni.



L’ultima volta che ho lavorato con mio padre è stato questo Natale scorso. Mettevamo della nuova plastica sopra la copertura della piscina, e dovevamo inchiodare delle striscie di legno per assicurare tutto.  Mentre lo guardavo col martello, ero sconvolto di vedere debolezza dove c’erano sempre stati tanta forza e precisione. Era ora, finalmente, di intervenire per prendere il martello e fare il lavoro io stesso.  Alcune settimane più tardi, il fine settimana prima di morisse, in fatti, mi aveva detto nè con frustrazione nè con amarezza nè con nostalgia che accetava la sua condizione senza difficoltà. Mio padre non si opponeva al suo destino, come neanche nella fioritura o nella sfioritura della sua vita.


Dunque, stando in piedi nelle lacrime che scorrono dalla collina dietro quell’officina sessantenne, circondato di una congregazione di Ford e una Duesy che stanno sull’attenti, e ricordandomi che l’amore e l’anima hanno un modo curioso di durare oltre il corpo, oltre la scocca e il parafanghi, desidero cantare come se fosse un gran coro gospel:

Scendi giù, cocchio dolce
Che viene per portarti a casa

Scendi giù, Auburn dolce
Che viene per portarti a casa

Guardo Giordano, che cosa vedo
Che viene per portarti a casa?

Carovane di decappottabili, venendo per te
Vengono per portarti a casa






Addio, papà.
                             Buon viaggio.

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